Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Le due vie

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Brandi, Cesare 50 occorrenze

Le due vie

, intercettata al momento in cui ne avviene la recezione in una coscienza. Il che non è la stessa cosa che considerare l’opera d’arte dal punto di vista dello

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’opera d’arte in sé e per sé, nella sua struttura. Non è dunque il punto di stazione dell’autore, il punto di stazione che noi assumiamo per

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D’altronde nei casi che non possano attribuirsi ad incapacità o ad impotenza — e troppi di cotali esempi se ne può dare in ogni epoca e per qualsiasi

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poesia nei sottosignificati ovvero messaggi allegorici o allusivi, i quali, per quanto amalgamati nell’opera non ne costituiscono il significato poetico

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Resta allora da chiedersi come si spieghi, certo soltanto con una constatazione di mancanza di fantasia, l’immobilismo architettonico odierno, a

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, smarrimento assoluto, e non vale socialità e progresso a salvare l’architettura di quel secolo. il Liberty o Jugend Stil o Art Nouveau segnò una

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antinomie accusano solo, senza poterla esplicitare dialettizzarla, la bipolarità originaria con cui si presenta l’arte al pensiero: arte come

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apparentemente si attraversano, come invece sembra se, per un inganno prospettico, dei due piani se ne fa uno solo.

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manifestazioni tipiche dell’epoca stessa. A questo punto viene allora il sospetto che, nell’ambito medesimo delle attività artistiche, ne rimanga invece

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Su questa strada doveva prodursi non solo la perdita del trascendente ma anche quella del futuro: l’attuale riduzione al presente. Di per sé la

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Abbiamo detto che la massificazione è certamente collegata al processo tecnologico industriale ma non intendiamo inferirne che questo ne sia la ratio

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preordinata inutilità dell’oggetto. per il fatto di accettare dal design il lavoro di gruppo o d'équipe vi è una maggior possibilità «soterica» per la

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allora questo fenomeno, che anche l’opera d’arte è, potrà eccettuarsi da tutti gli altri fenomeni, sicché la fisicità, di cui consiste, ne appaia solo il

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attuale: può prendersi in seria considerazione un’avanguardia del presente, perché concetto in sé contraddittorio, far consistere l’avanguardia nel

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termini nuovi il problema della natura della fotografia, che è quanto dire anche di altri mass-media come il cinematografo e la televisione. infatti

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della corrente esistenziale fra la cosa e il mondo. Al mondo, come spettatore, è allora dato inserirsi nell’opera, e non come opera in fieri, come

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Occorre ora esaminare se la qualifica di fenomeno-che-fenomeno-non-è spetti solo all’opera d’arte, anche se, per come ora ne parliamo, l’opera d’arte

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qui si starà a dire che il cinema doveva restare muto o in bianco e nero. Il cinema deve solo non perdere di vista che la sua essenza è

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piuttosto che a restringersi: certo è da prevedere che l’incremento dell’automazione possa ridurne la portata. Per questo, la cultura massificata è

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, per la seconda ipotesi, è eliminata automaticamente la fotografia: in cui lo sviluppo la scelta del materiale sensibile possono rappresentare il

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’arte. Una storia della tecnica non sarà mai storia dell’arte. il maggior progresso tecnico sarà un vanto l’arretratezza un demerito. Neppure si

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Metterla) non sarebbe stato con l’una con l’altra. E non parliamo poi quando l’analisi psicoanalitica si vuole impadronire in presa diretta del dato

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’opera d’arte, o che ne vengano tratti in via indiretta, anche senza che il messaggio fosse inserito coscientemente, intenzionalmente, nell’opera d

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alla rottura di un solo anello, l’opera d’arte, con questo riportata nell’alto mare di una decodificazione imperfetta o irrealizzabile, risultarne

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Da questa base il Della Corte ricostruisce ipoteticamente l’iscrizione che ne avrebbe tratto il dotto Giulio Rospigliosi, poi papa Clemente IX, per

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conosciuto mediatamente per una attività testimoniale. L’arte invece non si dà nel passato, non se ne riferisce in via testimoniale. L’arte è nel presente.

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storico, che sia possibile far ciò in margine e senza detrimento al suo porsi primario alla coscienza come opera d’arte. Inevitabimente si crederà di

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, con l’interrogare la presenza che realizza l’opera d’arte nella sua struttura formale, se ne verrà ad infrangere l’unità, ché anzi, da una tale

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esplicitamente: «La verità [nella particolare accezione cui si è già accennato, che ne fa Heidegger] che sboccia nell’opera [d’arte] non è attestabile

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L’unica conclusione logica che dovrebbe trarsi da tale aporia, se veramente fosse irresolubile, è che non si dovrebbe parlare più d’arte di

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»20 che non possono chiamarsi pienamente opere d’arte allo stesso titolo, eppure non sono gratuite irrilevanti per la coscienza: in queste

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Questa realtà che si rivela in pura astanza, e si riproduce quindi come un eterno presente, non è infine un’incongruenza per la logica per la

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percezione, nei quali può essere stilato un messaggio, e di cui il poeta stesso potrà servirsi per stilare un messaggio, ma al momento che se ne serve per la

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In fine si può concludere che dei concetti di originalità come improbabilità e ridondanza come del già noto non ci se ne può ci se ne deve servire

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punto di stazione di chi ne fa la recezione nella coscienza, questo punto di stazione può sembrare, anche se non lo è, lo stesso di chi intende

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il Raffa, a cui si deve un altro interessante tentativo di fondazione dell’estetica semantica, partendo dall’arte come linguaggio 49, secondo che

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senza esistenza, noi vediamo ora che si fonda sulla struttura stessa della percezione, per cui non si dà si può dare una conoscenza oggettiva dell

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inderogabilità del punto di stazione per cui l’opera d’arte è esaminata nella recezione che ne fa la coscienza. Nella inderogabilità di questo secondo

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l’opera ne rappresenta la sublimazione che è al tempo stesso eliminazione di scorie. Le quali non devono essere fatte rientrare abusivamente nella

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e la fattura delle prime armi, deve insegnare a non invadere l’altro campo della coscienza a cui fa capo l’astanza. Per cui la realtà fisica è un

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d’altronde si capirebbe, di questo passo, come bastasse alla poesia di servirsi di un linguaggio con la doppia articolazione, se, in quanto opera

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’architettura in codice, in parallelo al codice musicale. soltanto per il fatto indubbio, caduto per molto tempo in dimenticanza e risollevato dal

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, nel caso del Palladio, particolarmente, fu redatto quasi come una tavola di logaritmi: tanto meno si nega che la fisionomia dell’architettura del

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’esistente, dall’altro come principio che l’est del nihil est sine ratione colpisce l’essere. Donde si giustifica la qualifica che ne dava Leibniz

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che non si possono misurare contemporaneamente alla quantità u». Le conseguenze di questo principio sono immense, perché se ne deduce che al

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dell’Ottocento ne è stato permeato. è rimasto campo dell’attività umana che non abbia ricevuto una teorizzazione che seguisse o riflettesse quella

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...» Ora, porre la qualità come una quantità che costituzionalmente non si possa misurare, non è un assurdo: era assurdo, per Aristotele 31 di

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che non si adatta al livello causale al livello intenzionale. Non si risolve al livello causale, perché tesi e antitesi non sono causa ed

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annulla riduce o livella il gioco delle cause, del caso e delle intenzionalità. È piuttosto da concepire come il simbolo di una legge statistica

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di Masaccio, e quel che ne estrae Masaccio, in contrapposto al chiaroscuro descrittivo di Gentile, è un chiaroscuro plastico, che rappresenta la

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